L’ONU, il sionismo e l’antisionismo

19.10.2023

In queste ultime settimane (ottobre 2023) si è parlato molto di sionismo e semitismo (o ebraismo). Mentre sui mass media mainstream i due termini sono stati utilizzati come fossero sinonimi, sui social finalmente, in molti hanno cominciato a prendere coscienza che in realtà si tratta di termini molto diversi.

Va precisato anzitutto che con il termine "semitismo" è oggi utilizzato impropriamente come sinonimo di "ebreo" o di "ebraico". Sarebbe più corretto utilizzare il termine "ebraismo" o "giudaismo", poiché dal punto di vista linguistico la parola "semitismo" indica un gruppo linguistico corrispondente, il quale si articola in tre sottogruppi: quello orientale o accadico (che nel II millennio si divise a sua volta in babilonese e assiro), quello nordoccidentale (cananeo, fenicio, ebraico, aramaico biblico, siriaco) e quello sudoccidentale (arabo ed etiopico).

Ad ogni modo, oggi con questo termine s'indica genericamente tutto ciò che ha a che fare con la religione ebraica (si potrebbero poi fare delle specifiche ulteriori, distinguendo un cittadino israeliano da un ebreo, un ebreo da un sionista e un cittadino israeliano da un sionista). Con il termine "sionismo" s'indica invece una specifica corrente politica.

Nato alla fine del XIX secolo, il sionismo si prefiggeva la nascita di uno stato ebraico. Una volta ottenuto e creato lo Stato d'Israele, all'indomani della seconda guerra mondiale, il sionismo non avrebbe avuto più ragione di esistere, ma invece si è estremizzato e radicalizzato (le idee radicali erano presenti in realtà fin dall'inizio), diventando il comun denominatore di tutti i Governi israeliani, indipendentemente dal colore politico.

Alla base del sionismo infatti, (che come tutte le ideologie estremiste di matrice religiosa spesso cerca legittimazione negli scritti "sacri") c'è l'idea che il popolo ebraico (e qui sta l'unica connessione con il semitismo e l'ebraismo) sia da considerarsi "diversamente" dalle altre popolazioni, poiché "popolo eletto" (secondo la Bibbia) e unico popolo con cui Yahweh (il Dio biblico ebraico) avrebbe stipulato un patto: una terra per il popolo ebraico, in cambio di obbedienza, adorazione e guerre di conquista.

Tuttavia ben sappiamo che l'attuale popolazione dello Stato di Israele poco ha a che fare con le originarie Tribù semitiche di cui parla la Bibbia, essendo costituita prevalentemente di persone di origine Khazara (un antico regno nel Caucaso), costituita da individui di origine differenti convertitesi all'ebraismo solo tra VII e il IX. Il legame tra il sionismo e semitismo (o ebraismo) dunque, non va oltre lo strumentale e propagandistico appiglio biblico.

La linea politica israeliana dalla creazione dello Stato di Israele nel 1948, è stata tuttavia sempre guidata dall'idea sionista di "razza superiore", e le azioni perpetrate ai danni di chi non si poteva annoverare come facente parte del "popolo ebraico", sono state sempre discriminatorie, oppressive e violente.

A testimoniare questa evidenza oggettiva, nonché verità storica, nel 1975 fu addirittura l'ONU a emanare, il 10 novembre, la risoluzione n.3379 nella quale condannava e definiva " il sionismo […] una forma di razzismo e di discriminazione razziale".

L'emanazione di questa risoluzione non fu una semplice affermazione formulata a caso, ma fu invece frutto di un processo e di un ragionamento avvenuto nel corso del tempo, che per coerenza oltre che per oggettività riguardo le azioni che i governi sionisti israeliani stavano già facendo, portarono inevitabilmente alla pubblica messa al bando dell'ideologia sionista.

I presupposti sui quali fu formulata la risoluzione ONU 3379, furono:

  • la sua risoluzione 1904 (XVIII) del 20 novembre 1963, in cui le Nazioni Unite si erano pronunciate sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, e in particolare la sua affermazione che "qualsiasi dottrina di differenziazione razziale o superiorità è scientificamente falsa, moralmente condannabile, socialmente ingiusta e pericolosa" e la sua espressione di allarme alle "manifestazioni di discriminazione razziale ancora in evidenza in alcune aree del mondo, alcune delle quali sono imposte da altri mezzi legislativi";
  • la Dichiarazione Internazionale sull'uguaglianza delle donne e del loro contributo allo sviluppo e alla pace, proclamata dalla Conferenza mondiale dell'Anno internazionale della donna, tenutasi a Città del Messico dal 19 giugno al 2 luglio 1975, che promulgò il principio secondo cui "la cooperazione internazionale e la pace richiedono il raggiungimento della liberazione e dell'indipendenza nazionale, l'eliminazione del colonialismo e del neocolonialismo, l'occupazione straniera, il sionismo, l'apartheid e la discriminazione razziale";
  • La risoluzione 77 (XII) adottata dall'Assemblea dei Capi di Stato e di Governo dell'Organizzazione dell'Unità Africana nella sua dodicesima sessione ordinaria, tenutasi a Kampala dal 28 luglio al 1o agosto 1975, che considerava "che il regime razzista nella Palestina occupata e il regime razzista nello Zimbabwe e in Sudafrica hanno un'origine imperialista comune, formando un tutto e avendo la stessa struttura razzista ed essendo organicamente legati nella loro politica volta alla repressione della dignità e dell'integrità umana";
  • la Dichiarazione politica e della strategia per rafforzare la pace e la sicurezza internazionale e per intensificare la solidarietà e l'assistenza reciproca tra i paesi non allineati, adottata alla Conferenza dei ministri degli affari esteri dei Paesi non allineati (Il Movimento dei Paesi Non Allineati – NAM- è un forum di 120 paesi che non sono formalmente allineati con o contro qualsiasi grande blocco di potere) tenutasi a Lima dal 25 al 30 agosto 1975, che condannava più severamente il sionismo come una minaccia alla pace e alla sicurezza del mondo e invitava tutti i paesi a opporsi a questa ideologia razzista e imperialista.

L'ONU dunque, non solo mise formalmente al bando il sionismo, ma lo definì un'evidente ideologia d'imperialismo basata su una presunta superiorità razziale, e dunque a una vera e propria espressione di razzismo e discriminazione razziale equiparabile all'apartheid sudafricano.

Non appare dunque neanche sbagliato, visto che le componenti ci sono tutti, equiparare il sionismo al nazismo!

Chiaramente con la risoluzione 3379, le Nazioni Unite si sono dichiarate contro il sionismo e non contro lo Stato d'Israele (che era stato legittimato e "creato" dalle stesse Nazioni Unite), né contro gli ebrei o i semiti, a testimonianza che i termini sono (o erano in un mondo ancora abbastanza libero) considerati ben distinti.

Nel corso del tempo questa risoluzione fu molto criticata nei Paesi occidentali. Infatti, sebbene la risoluzione 3379 passò a larghissima maggioranza (72 voti a favore, 32 astenuti e 35 contrari), quasi tutti i Paesi europei o più generalmente quelli occidentali (fatto salvo quelli del blocco sovietico, e della penisola iberica), si opposero. D'altro canto, tutti i Paesi europei e occidentali sentivano ancora la responsabilità per le persecuzioni e le discriminazioni perpetrate dai regimi autoritari europei nella prima metà del XX secolo.

Ancora oggi questa risoluzione ONU in questi Paesi (Italia compresa) non viene quasi mai ricordata nel dibattito sul sionismo, ma anzi sembra voler essere quasi "cancellata" o censurata dalla storia. Un esempio? Fino a pochi anni fa (almeno fino al 2019), se su Wikipedia in lingua italiana (nella versione inglese ancora rimane qualcosa) era presente, alla voce "sionismo", la citazione di questa risoluzione ONU, oggi la voce e la citazione sono scomparse, mentre è ben ricordata (con tanto di voce specifica di approfondimento) la citazione con cui l'ONU ha ritrattato tale dichiarazione. Sì, perché diversi anni dopo, l'ONU ha ritirato la condanna al sionismo, ma perché? Si è resa conto di aver commesso un errore di valutazione? 

Analizzando la circostanza in cui la risoluzione ONU 46/86 è stata ritrattata nel 1991, si può facilmente rispondere alla domanda.

Al termine della Guerra del Golfo, e nel tentativo di riportare la pace in tutta l'area mediorientale, si organizzò una conferenza a Madrid, in Spagna. L'obiettivo era di porre fine all'espansionismo israeliano e distendere il clima nell'area della Palestina, attraverso negoziati, coinvolgendo Israele e i palestinesi, nonché i paesi arabi, tra cui Giordania, Libano e Siria.

Israele pose come "condicio sine qua non" per la sua partecipazione al tavolo delle trattative di pace, il ritiro della risoluzione 3379. Nonostante qualcuno, nel continuo revisionismo storico progressista in stile 1984 (G. Orwell) voglia far passare la risoluzione 46/86 come un giusto ravvedimento riguardo un errore commesso per motivazioni politiche, riconducibili agli interessi degli stati mussulmani che nel 1975 avevano determinato l'emanazione a maggioranza della risoluzione in questione (ma non è così perché tantissimi altri Paesi votarono a favore della condanna del sionismo), la ritrattazione della risoluzione 3379 dell'ONU fu fatta solo per opportunità politica (quella di favorire i dialoghi di pace) e non per convinzione o per un ravvedimento ideologico sul sionismo.

In un mondo in cui ancora l'ideologia razzista discriminatoria sionista (che oggi ben si è sposata con l'ipocrita e relativista ideologia progressista) non si era ancora insinuata quasi tutti i posti di maggior potere politico, economico e finanziario del mondo occidentale, il sionismo era ben distinto dal semitismo e dall'ebraismo. Anche in Italia, i movimenti politici sapevano distinguere l'antisemitismo dall'antisionismo, osteggiando le attività discriminatorie nei confronti degli ebrei, e al contempo appoggiando la difesa della popolazione Palestinese oppressa e perseguitata dai Governi d'Israele.

Oggi invece, ignorando coscientemente la storia e l'oggettività dei fatti, le parole sionismo e semitismo sono utilizzate quasi come sinonimi, con l'ormai palese tentativo di impedire un'onesta critica verso uno Stato dalle politiche totalitariste come quello d'Israele, che poco a che vedere con le posizioni moderate della gran parte degli ebrei o di quelle di molti cittadini israeliani, sovente, come tutti i popoli prime vittime dei loro stessi governanti.

E' un po' come se criticare la politica guerrafondaia, colonialista e violenta degli Stati Uniti, voglia dire automaticamente essere contro la democrazia o contro i cittadini americani. Gli Stati Uniti non sono sinonimo di democrazia, così come Israele non è sinonimo di ebraismo. Al contempo, guardando la storia possiamo affermare che gli Stati Uniti sono sinonimo di guerra, così come il sionismo è sinonimo di razzismo, discriminazione e nazismo.

Stefano Nasetti

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