(Le righe che seguono sono tratte dalla prefazione del libro "Fact-checking - l a realtà dei fatti, la forza delle idee" - Ediz. 2021).
"Non cercare di essere un uomo di successo, ma piuttosto un uomo di valore" (Albert Einstein).
Questa frase del celebre fisico tedesco
ha suscitato in me profonde riflessioni nel corso del tempo, riflessioni
che poi, dopo diversi anni, mi hanno guidato nella stesura di questo
libro e del messaggio più profondo che contiene.
L'importanza delle moltissime
informazioni (di carattere storico, filosofico, sociologico, giuridico
ed economico) contenute in queste pagine, passa,
nel giudizio di chi scrive, in secondo piano di fronte a quella delle
considerazioni riguardanti la natura dell'animo umano e l'importanza dai
valori che le società odierne sembrano aver dimenticato. Nella speranza
che il messaggio di fondo del libro sia carpito e capito da te che stai
iniziando a leggere queste pagine, inizio a mettertene a parte, proprio
partendo dalle riflessioni che traggono spunto dalla citazione di
Einstein.
La civiltà umana si è sempre basata
sulla competizione ma, nell'ultimo secolo, l'adozione, la diffusione e
l'incentivazione del modello consumistico, basato sulla competitività
esasperata, senza alcun limite dal punto di vista etico e sociale, ha
innescato quel degrado culturale e morale che oggi possiamo toccare con
mano.
Riuscire a far valere se stessi,
raccogliendo ciò che si semina è ormai molto difficile. Non esiste un
destino predefinito. Sono certo che tutti, in una certa misura, possono
essere artefici del proprio destino, sebbene io sia consapevole che
molti aspetti di questo e della nostra vita sono fuori dal nostro
diretto controllo (e qui sta quindi, l'unico vero limite
all'autodeterminazione). Tuttavia, anche questo limite, che
all'apparenza sembra molto ampio, può essere ridotto e circoscritto in
modo significativo, attraverso la partecipazione attiva alla vita
sociale e alla tutela dei valori fondamentali a cui ogni contesto che si
definisca "civile" dice di rifarsi.
Quando in passato la popolazione
mondiale era di sole poche centinaia di milioni di abitanti, nascevano
continuamente uomini in grado, con le loro idee, la loro intelligenza e
la loro genialità, di elevarsi al di sopra degli altri, riuscendo
addirittura a lasciare la loro impronta nella storia e condizionare il
proprio presente e il futuro, addirittura fino ai giorni nostri o anche
oltre. Mi riferisco ad esempio, a Galileo Galilei, a Giordano Bruno,
Leonardo da Vinci o Nicola Tesla, ma potremmo citare anche Pitagora o
ancor prima i maggiori filosofi greci di cui ancora parliamo. Sebbene la
popolazione terrestre fosse composta da un numero molto più esiguo di
individui rispetto ad oggi, la frequenza con cui tali uomini
intellettualmente dotati riuscivano ad emergere è apparentemente
sconcertante.
Sembra quasi che ogni epoca avesse il
suo genio. La percentuale di genialità in rapporto al numero della
popolazione, era decisamente alto se confrontato con quello di oggi.
Oggi sulla Terra vivono oltre 7,5
miliardi di persone, eppure sembra di essere contornati quasi da cloni.
Tutti fanno la stessa cosa perché così gli è stato detto di fare. Tutti
pensano che siano giuste le stesse cose perché così, fin da piccoli gli
sono state insegnate, senza possibilità di discussione, senza lasciare
spazio al dubbio. Chi osa porsi legittime domande di fronte ad evidenti e
assurde anomalie storiche, religiose, scientifiche è deriso, umiliato e
annichilito.
Viene instillata in ciascun abitante di
questo pianeta, fin dalla nascita, l'idea che se tutti la si pensa allo
stesso modo (anche se questo modo è oggettivamente assurdo) la vita è
migliore. È quindi il contestatore l'unico vero nemico della società.
L'idea predominante dell'ultimo secolo e
mezzo (fatta eccezione per una breve parentesi nella seconda metà del
novecento) è quella che lo Stato deve dire al cittadino come
comportarsi, cosa pensare, cosa fare. Ciò sa molto di dittatura e
schiavitù, ma tant'è che nella mediocrità ed imposta omologazione della
massa, lo spazio per provare ad essere sé stessi, a distinguersi (in
meglio) e magari ad elevarsi con i propri pensieri al di sopra di questo
misero e mediocre livello, sembra essere sempre meno.
Tuttavia continuo a pensare che, alla fine, ognuno di noi è chi cerca e sceglie di essere.
Ci sono due strade che possono essere
intraprese per vivere la propria vita in questo contesto sociale
globalizzato, e per provare ad emergere in questo mondo ultra
competitivo. Sebbene entrambe mirino forse allo stesso risultato, cioè a
raggiungere il successo (anche se inteso in modo diverso), sono strade
diametralmente opposte.
La prima è la strada più faticosa, e per
questo oggi poco battuta, fatta di rinunce e sacrifici, fatta di
coraggio, caparbietà, consapevolezza delle proprie potenzialità, della
capacità di esprimerle compiutamente e di metterle a frutto. È la strada
intrapresa da chi ha l'intelligenza e l'umiltà di essere consapevole
dei propri limiti e la voglia continua di migliorarsi, di mettere
continuamente in discussione se stesso e la propria visione del mondo,
di quelli curiosi che non si accontentano di credere ma vogliono sapere,
che non si accontentano di sapere ma vogliono capire, perché la
comprensione porta alla consapevolezza, di quelli che ritengono che
esistano ancora principi e valori fondamentali che non possono, in alcun
modo e per nessun motivo, essere calpestati, di quelli a cui non
interessa omologarsi, di quelli che dimostrano con i fatti la coerenza
tra il proprio pensiero, i propri valori, i propri ideali e il proprio
comportamento. È la strada e di quelli che riescono a risollevarsi dalle
sconfitte senza rinnegare se stessi, perché sapere di avercela fatta in
modo leale e corretto, nel rispetto degli altri oltre che di sé stessi,
è un qualcosa che non ha prezzo.
Questa è una strada percorsa ormai da
pochi, ed è una strada che non da garanzia di arrivare all'obiettivo,
cioè quello di emergere o di arrivare al successo.
In ogni caso, chi percorre questa
strada, sia se riuscirà ad elevarsi sulla mediocrità della massa, magari
riuscendo anche ad essere riconosciuto come uomo di successo, sia nel
caso non sarà riuscito a raggiungerlo, avrà sempre fatto tutto contando
sul proprio valore, sulle proprie forze, sulle proprie capacità. L'uomo
che intraprende questa strada sarà, sempre e comunque, un uomo di
valore.
La seconda strada è invece molto
frequentata. È la strada più facile. È la strada intrapresa da quelli
troppo arroganti e presuntuosi per mettersi in discussione, di quelli
che ormai comodi nelle loro posizioni ed abitudini sono troppo pigri per
mettersi in gioco veramente, di quelli che forse consapevoli del loro
scarso valore, della loro conclamata mediocrità sono coscienti
dell'impossibilità di elevarsi per propri meriti o capacità.
Questa è la strada di quelli che non
conoscono e si riconoscono in alcun valore e principio da rispettare,
per cui l'io viene sempre prima degli altri, di quelli che non
s'interessano del contesto sociale in cui vivono, perché lo vedono
soltanto come spazio per vivere la propria vita secondo la loro unica
visione (spesso neanche frutto del loro pensiero, "calata dall'alto"). È
la strada percorsa dai superficiali, dagli approssimativi, dagli
omologati, da quelli del "ci credo perché lo ha detto la TV, il
Ministro, il giornalista, l'esperto", di quelli del "se lo fanno gli
altri allora lo faccio anch'io". È la strada preferita dagli arrivisti,
da chi è disposto al compromesso, dei servi sciocchi al servizio di chi
il potere lo ha già al punto che non ha più neanche bisogno di chiedere o
ordinare nulla a queste persone. È la strada percorsa da chi è disposto
a soffocare la propria coscienza, a far finta di non vedere, a far
finta di non sapere, di quelli che se necessario sono disposti ad
abdicare dalla propria intelligenza e prostituirsi intellettualmente,
moralmente se non addirittura fisicamente, in nome dell'obiettivo
finale: arrivare al successo ed elevarsi sugli altri.
Ma come fare in questo caso ad elevarsi
se non si è in grado o non si ha voglia di migliorarsi? La soluzione
viene spontanea. Quando non si può salire più in alto degli altri,
l'unico modo di apparire più in alto è quello di cercare di far apparire
più bassi tutti gli altri, cercando di silenziare la voce di coloro che
possono rappresentare una minaccia alla propria posizione, spargendo su
di essi letame, infamie e colpendo spesso subdolamente e
indiscriminatamente con qualunque mezzo chiunque gli si pari davanti e
in ogni occasione che si presenti. Anche questa strada non dà garanzie
di arrivare all'obiettivo ma, nella mente di chi decide di
intraprenderla, è più facile e, in caso di insuccesso essendo una strada
molto frequentata, ci si consolerà sempre con il senso di appartenenza
alla massa.
L'uomo che intraprende questa strada
potrà forse anche essere considerato, se riuscirà ad elevarsi
annichilendo il tutti coloro che lo circondano, un uomo di successo, ma
non sarà mai un uomo di valore, perché il suo "essere al di sopra" non è
frutto e conseguenza delle proprie capacità, del proprio lavoro, ma
soltanto dell'annichilimento del prossimo.
La domanda che ognuno di noi dovrebbe
porsi nell'intimità della propria mente e in presenza della propria
coscienza è: quale delle due strade sto percorrendo?
La risposta, che ci si augura sia
intellettualmente onesta, visto che si sta parlando con sé stessi, ha
forse poca importanza, perché qualunque sia la risposta, saranno poi i
fatti, i comportamenti nel quotidiano, in ogni occasione, che si sia
controllati o meno, a determinare quale delle due strade stiamo
veramente percorrendo, stabilendo dunque, se siamo realmente uomini di
valore o se, al massimo, potremmo diventare solo uomini di successo.
Per scegliere la prima strada, ci vuole coraggio? No, soltanto dignità e onestà.
"La dignità non consiste nel possedere onori ma nella coscienza di meritarli" (Aristotele).
L'onestà ha un prezzo, un prezzo salato
che ogni persona onesta conosce e paga. Innanzitutto perché è mal
sopportata. L'onestà ti allontana dalla gente, perché per poter essere
vicino alla gente è necessario essere nella disponibilità della gente,
quindi "corruttibile" o "avvicinabile".
La conseguenza immediata dell'onestà (in
primis di quella intellettuale) è un po' di solitudine ma, se si è in
pace con la propria coscienza si è in pace con se stessi e dunque, nella
solitudine ci si vive bene, forse, in alcuni casi, meglio.
Iniziare a leggere senza pregiudizi è una delle prime dimostrazioni di onestà intellettuale.
Quando si legge uno scritto di cui si
vuol conoscere il senso, non se ne disprezzano i segni e le lettere. Chi
legge realmente per conoscere, non chiama tali segni e lettere
illusione, fantasia senza valore. Al contrario li decifra, li studia, li
ama, lettera per lettera.
Se si vuole leggere e capire gli scritti
antichi, ad esempio, non li si interpreta a favore di un significato
congetturato e preconcetto, chiamando il contenuto esplicito fantasia,
mito, illusioni, allusioni, coincidenze senza valore, sminuendo il
contenuto di quella lingua, di quel racconto e della cultura che lo ha
prodotto. Lo stesso avviene quando si legge un libro come questo, che
parla di accadimenti contemporanei, di valori o di idee.
Se si legge realmente con il solo
intento di capire, di progredire culturalmente, anche se non si
condivide a pieno ciò che si legge, non si disprezza quel libro, tutt'al
più non lo si apprezza.
Ogni scritto, ogni pensiero, ogni idea
può arricchirci se non ci fermiamo alla semplice analisi della sua
forma, ma sappiamo ascoltare ciò che vuole dirci.
Ogni dubbio, domanda o riflessione che
saprà stimolarci, va considerata come un altro piccolo passo verso una
maggiore consapevolezza della realtà, della nostra vita, del posto e del
valore che questa occupa nello spazio e nel tempo.
"… ci sono cose che non si fanno per
coraggio. Si fanno per poter continuare a guardare serenamente negli
occhi i propri figli e i figli dei propri figli" (Carlo Alberto Dalla Chiesa).
Brano tratto dal libro "Fact Chiecking – la realtà dei fatti, la forza delle idee" Ed.2021
Stefano Nasetti
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