Lo Stato che non c'è
Guardandosi attorno, giorno dopo giorno, in molti si stanno accorgendo finalmente, della simultanea presenza di un insieme di fattori che fanno emergere una realtà inequivocabile.
Tra le maggiori colpe (o i più grandi "successi", dipende dai punti di vista) del progressismo degli ultimi trent'anni, c'è quello di essere riuscito a creare un mondo "polarizzato". Tutto lo è, o meglio, tutti lo vedono così. Tutto è o bianco o nero, o buono o cattivo, o giusto o sbagliato. Nei rapporti sociali, indipendentemente per come la si pensi, sembra vigere una sola tacita regola "o sei con me, oppure sei contro di me".
Ma questo modo di vedere il mondo e le cose, può andare forse bene per film tipo "Star Wars" (quella citata, infatti, è una frase tratta dall'episodio III, della saga), e non è certo un modo corretto interpretare la realtà e, ancor di più, di vedere il mondo. Sempre nello stesso episodio, della stessa saga cinematografica, a quell'affermazione pronunciata dal giovane Anakin Skywalker, ormai divenuto Darth Veder, il maestro Jedi Obi Wan Kenobi, rispondeva "solo un Sith - un signore del male, NDR – vive di assoluti", proprio perché vedere il mondo solo in chiave bicromatica (o bianco o nero) non rispecchia realmente la realtà delle cose. La realtà è talmente complessa che non sono sufficienti due colori per descriverla o comprenderla. Si tratta quindi di una semplificazione della realtà, fatta da e per persone superficiali e intellettualmente limitate.
Nel mondo polarizzato, anche la comunicazione è polarizzata. L'informazione era una volta onere delle varie testate giornalistiche nel loro complesso, che esprimevano punti di vista diversi. Oggi il pluralismo dell'informazione è ormai interamente stato soppiantato da un'unica visione, quella progressista relativista, che finge di essere pluralista, ma ha spazio solo per il pensiero unico. La cosa è talmente radicata ormai che da diversi anni, e non certo solo negli ultimi tre, le testate giornalistiche hanno abbandonato il loro ruolo di mezzi d'informazione, per trasformarsi in semplici mezzi di comunicazione, con il compito di diffondere il pensiero"ufficiale", il solo consentito.
L'informazione non è più libera ma soggetta alle logiche di potere, d'interesse, di mercato, di lobby. Così facendo ha trasformato i suoi addetti addirittura in mezzi di propaganda e mistificazione della realtà.
Al contempo, nel corso dei decenni e grazie alla diffusione d'internet, è nato quasi spontaneo un sistema "immunitario" di resistenza al letale virus della propaganda e della "comunicazione di Stato a pagamento". Sto parlando di quella che è ormai definita, da chi non condivide il pensiero unico, "controinformazione" (e composta di chi si è assunto l'onere di tentare di informare la popolazione di ciò che realmente accade e che i media mainstream non dicono), o definita della "disinformazione" da chi invece non ammette critiche all'unica visione consentita, quella delle "verità di Stato".
Pur sentendomi parte, nel mio piccolo, della cosiddetta controinformazione, o meglio della "libera informazione", non posso tuttavia non presentare una critica al modo di fare di alcuni "operatori alla controinformazione".
Ho già avuto modo, in un precedente post, di fare presente come molte delle persone che quotidianamente s'informano anche attraverso il sistema della controinformazione e della libera informazione, che spesso non lo fanno perché pienamente consapevoli, ma solo perché ormai consapevoli che il vero nemico della libertà dei popoli si annida sovente nelle "autorità", politiche, sanitarie, scientifiche, culturali, ecc. che siano.
Mi continuo dunque a imbattere, quasi quotidianamente, in una triste realtà. Alcuni sedicenti contro informatori o liberi informatori con i loro articoli, messaggi o commenti, non solo non aiutano nella battaglia contro la dittatura del pensiero unico e della mistificazione della realtà, ma anzi continuano a fornire diversi "assist" allo status quo e ai membri del sistema di comunicazione e propaganda di Stato, rendendo il compito di sensibilizzazione della popolazione ancora ignara, ancor più complicata se non addirittura impossibile. Sia chiaro che la mia non vuole essere una critica alla libertà di pensiero o espressione, che considero sacra e inviolabile, ma al modo di esercitarla e alle conseguenze "indesiderate" o comunque contrarie a ciò che invece si dichiara di voler raggiungere, che tale superficiale esercizio genera. Faccio un esempio concreto per comprendere meglio la situazione.
Nei giorni scorsi, al fine di tentare di porre un argine alla criminalità giovanile (ma sarebbe forse più opportuno dire "al fine di far finta di porre … " poiché, come già dimostrato in un altro post precedente, non c'è realmente alcun tipo di volontà dello Stato di arginare la criminalità comune), il Governo ha emanato un provvedimento in merito. Nel testo è stato previsto l'inasprimento delle pene anche per i genitori, o di chi esercita la podestà genitoriale, di quei minori che si rendono protagonisti o coprotagonisti di episodi criminali, perché legalmente responsabili per il comportamento dei propri figli.
I mass media mainstream hanno riassunto questo punto, mistificando la realtà, con la frase "carcere per i genitori che non mandano i figli a scuola". Anche in questo caso, ho già avuto modo di far presente come tale titolo non corrisponda alla realtà (ma riguardi solo particolari e specifiche situazioni) e di come, oltretutto, sia fuorviante rispetto a quanto previsto dalla nostra Costituzione riguardo al diritto a ricevere un'istruzione (da parte dei figli) e del dovere dei genitori di assicurarne il godimento.
Ora se è biasimabile, il comportamento dei mass media mainstream nel propagandare una visione distorta del reale poiché il loro obiettivo è quello di far credere che in Italia sia obbligatorio mandare i figli a scuola, così da scoraggiare un'educazione diversa e libera, rispetto quella ipocrita, perversa e distopica impartita ormai in quasi tutte le scuole pubbliche di ogni ordine e grado, lo è ancor di più l'identico comportamento di alcuni dei sedicenti facenti parte della "controinformazione" che non smentiscono tale subdolo e fuorviante suggerimento interpretativo.
La controinformazione dovrebbe contribuire a dare una visione corretta della realtà, andando a smentire le realtà mistificate dei media mainstream, al fine di contribuire a innalzare il livello medio di comprensione della realtà, e quindi aumentando la consapevolezza della stessa, fornendo informazioni corrette e complete soprattutto su argomenti diffuso interesse come la corretta individuazione dei propri diritti e le modalità di godimento degli stessi, come in questo caso.
Mi è capitato dunque, nei giorni seguenti all'emanazione del provvedimento governativo in questione, di imbattermi sul web ad alcuni post in cui si criticava il provvedimento, reo, secondo i diversi autori, che lo hanno etichettato come "nazista" e "liberticida", di andare a creare i presupposti per la sottrazione dei figli alle famiglie di onesti cittadini dissenzienti, che educano i propri figli al di fuori del sistema (dis)educativo pubblico.
Un tale approssimativo e superficiale approccio, da parte della cosiddetta controinformazione, guidato dalla sola voglia di andare a prescindere contro il "Sistema centrale", perciò assolutamente sbagliato.
Adducendo motivazioni che non è possibile ravvisare in alcun passo della norma in questione, né tantomeno nelle parole di chi lo ha emanato, si è dato un giudizio negativo a un provvedimento che potrebbe essere invece condivisibile (se solo si leggesse il testo di legge e/o si sapesse ben comprendere le parole pronunciate dal Ministro dell'Interno in sede di presentazione del provvedimento stesso). Nel frattempo si è contribuito ad aiutare il sistema di disinformazione e propaganda di Stato a rafforzare l'errata convinzione che in Italia esista la "scuola dell'obbligo", o di cosa significhi realmente "obbligo scolastico". Non si è fatto comprendere alla popolazione che è invece possibile sottrarre i propri figli alla diseducazione statale, attraverso l'esercizio dell'unico diritto realmente previsto dalla Costituzione in tema di educazione, quello del "diritto allo studio".
In tal modo, anziché fare informazione contro informando, questi signori hanno generato una nuova categoria, quella della "contro disinformazione", cioè della disinformazione e mistificazione della realtà delle cose, fatta dagli addetti alla controinformazione. La "contro disinformazione" accumuna persone superficiali e disinformate (o, forse peggio ancora, in mala fede), che dicono di essere contro il sistema, ma poi nei fatti ne contribuiscono al rafforzamento, raccogliendo con il loro seguito spesso ottenuto attraverso commenti populisti e superficiali, una cospicua fetta del dissenso, composta da persone altrettanto superficiali, mantenedola nell'ignoranza o rafforzando nella stessa assunti errati, e convogliandola verso lidi "innocui" allo status quo, che ben contento ringrazierà.
Oggi è facile mettersi dietro una tastiera ed esprimere giudizi, opinioni e quant'altro. Il problema è farlo sempre in piena coscienza, e riflettendo il più possibile prima di scrivere qualcosa. Per carità si può spagliare, chi non lo fa, ma quando accade, si dovrebbe avere il coraggio di correggere pubblicamente il proprio errore, non per fare pubblica ammenda, ma per provare a porre rimedio al danno che si è fatto diffondendo convincimenti errati. Non sto parlando del giudizio sul provvedimento, che può essere considerato positivo o negativo, ma parlo dell'aspetto più importante, quello dei reali diritti e dei reali obblighi.
Chi veramente ha a cuore il destino del nostro Paese e del mondo e vuole dare il suo contributo affinché si superi al più presto quest'epoca buia, deve comprendere che
"non può esserci alcun progresso sociale o umano senza una crescita culturale della popolazione".
Se lo Stato vuole una popolazione ignorante, inconsapevole e quindi manipolabile, il miglior atto di ribellione che si possa fare e cercare invece di informarla, aumentandone la cultura e quindi la consapevolezza così da non essere più facilmente manipolabile e quindi più libera.
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