U.S.A: "In War We Trust"

07.10.2023

"In God We trust" (in Dio noi confidiamo) è il motto ufficiale degli Stati Uniti d'America. Apparve per la prima volta sulle monete e sulle banconote degli Stati Uniti nel 1846, ma divenne motto "ufficiale" solo nel 1956. La stessa professione di fede con la formula "… Dio benedica gli USA …" conclude spesso, o quasi sempre, i discorsi dei Presidenti statunitensi e quella di molti politici d'oltreoceano. Sebbene l'origine di questa frase sia controversa, alcuni ritengono che il riferimento delle divinità sia addirittura contenuta nella Dichiarazione di Indipendenza. A quale divinità ci si riferisca però, non è chiaro. C'è chi sostiene che sia solo un riferimento generico in cui è implicito il riconoscimento della libertà religiosa, c'è invece chi sostiene che il riferimento sia a una singola, ma non meglio precisata divinità, non necessariamente a quella cristiano-cattolica o di un'altra religione monoteistica. Le opinioni sono diverse e variegate, tutte con un proprio fondamento di verità che le rende plausibili, tuttavia abbiamo la certezza che l'affermazione di fede nella sua formula più nota "In God We Trust" (ma anche in quella più colloquiale di "… Dio benedica l'America"), è pronunciata al singolare.

Analizzando la storia statunitense, è forse possibile una volta per tutte, venire a capo di questo dilemma.

Dal momento della loro fondazione (1776) gli Stati Uniti si sono dimostrati una nazione particolarmente incline alla guerra. Solo tra il 1931 e il 1935, nel periodo successivo alla "grande depressione", gli USA non hanno partecipato ad alcun conflitto per 5 anni consecutivamente e non hanno mai passato un intero decennio senza fare almeno una guerra. Durante i suoi 247 anni di storia quindi, gli anni di pace sono stati complessivamente solo 21. Ciò significa che per ben 226 anni su 247 (oltre il 91% del tempo) il Paese ha svolto attività belliche, soprattutto fuori dai confini nazionali. Non c'è stato Presidente USA che non si sia adoperato per promuovere, iniziare, continuare almeno una guerra, in modo diretto o indiretto. Tra invasioni, colpi di Stato, rappresaglie, ipocrite "guerre in soccorso di…" o per "scongiurare" una presunta (e sovente inventata, perché inesistente minaccia), guerre motivate dalla difesa d'interessi nazionali o internazionali, le partecipazioni alle guerre USA sono State centinaia, tuttavia solo in 11 occasioni queste guerre sono state precedute da una dichiarazione di guerra. Non esiste altra nazione moderna che abbia un simile rapporto tra anni di esistenza partecipazioni a guerre.

Paradossalmente, negli ultimi cento anni, la maggior attività bellica Usa si è concentrata nel periodo successivo alla fine della "guerra fredda", segno che il termine della "minaccia sovietica" ha dato il via libera alla politica guerrafondaia statunitense. Da quel momento in avanti, gli Stati Uniti sono intervenuti militarmente in moltissimi Paesi e in tutti i continenti. Il Senato americano ha da tempo a disposizione l'elenco di tutte le guerre a cui il paese a stelle e strisce ha partecipato, ma ne aveva impedito la diffusione. Solo nel 2012, un gruppo di attivisti è riuscito a rendere pubblico questo documento (in cui, che tra l'altro, non comprende tutte le operazioni segrete della CIA con rivolte e ribaltamento di regimi oltre che ad altri episodi che secondo il diritto internazionale sarebbero comunque da annoverare ad atti di guerra).

Dal documento emerge una realtà inconfutabile: il 95% delle operazioni militari dalla fine della seconda guerra mondiale, sono state "lanciate" dagli Stati Uniti come offensive e solo una minima parte come guerre difensive. La spesa militare statunitense è maggiore di quella di tutte le altre nazioni del mondo messe insieme. Ancora nell'ultimo decennio (2010-2020) più della metà del totale delle spese per gli armamenti ha riguardato gli USA, con circa tremila miliardi di dollari profusi. In questa poco lusinghiera classifica, troviamo, nettamente staccata, al secondo posto il Regno Unito (da sempre partner preferito degli USA), mentre le "cattive e antidemocratiche" Cina e Russia sono rispettivamente terza e quarta (l'Italia è sesta).

Da questa sintetica ma oggettiva analisi possiamo innanzitutto affermare che gli Stati Uniti sono il principale pericolo mondiale per gli altri Paesi. Edward Snowden nel suo libro ha scritto che durante il periodo nel quale ha lavorato per le agenzie d'intelligenze statunitense, ha capito una cosa, che gli Stati Uniti non hanno amici e considerano anche i Paesi alleati solo dei nemici che ancora non li hanno attaccati.

Questo la dice lunga sulla cultura americana, la stessa cultura che spinge molti politici e cittadini americani a chiedersi il perché, dal loro punto di vista, gli Stati Uniti sono così invisi per la maggioranza dei cittadini degli altri Paesi del mondo (almeno da quella parte sana e non ancora soggiogata dalla propaganda a loro favore fatta da tutti i Governi alleati). Se la risposta a questa domanda emerge molto evidente dai dati sopra esposti, rimane in sospeso la domanda iniziale: in quale divinità confidano?

Nei giorni scorsi (ottobre 2023) il Congresso degli Stati Uniti ha trovato un accordo votando una legge di finanziamento provvisorio delle attività del Governo, evitando la "bancarotta del Governo" o, in inglese, "shutdown."

La parola è diventata ormai familiare nel gergo politico americano e si riferisce alla chiusura, al blocco delle attività del Governo per mancanza di risorse finanziarie derivanti dalla mancata legge di bilancio entro il 1° ottobre di ogni anno, inizio del nuovo anno fiscale. Senza quest'approvazione il Governo americano sarebbe stato costretto a chiudere in tutto o in parte le sue attività non essenziali fino allo stanziamento di nuovi fondi. Le eccezioni previste dall'Antideficiency Act, sono tre: il governo potrà continuare a finanziare le operazioni per proteggere le vite umane e la proprietà e mantenere al lavoro tutti i funzionari coinvolti nel processo costituzionale, vale a dire il presidente, il suo staff e i membri del Congresso.

Infine, sono considerati essenziali tutti i militari, molti agenti delle forze dell'ordine federali e i dipendenti degli ospedali finanziati dal governo federale. Insieme ovviamente ai controllori del traffico e agenti della Transportation Security Administration.

Il fatto è che questi dipendenti federali pur continuando a lavorare durante lo shutdown non saranno pagati, ma riceveranno lo stipendio solo una volta che sarà concluso. Mentre ai dipendenti considerati non essenziali, saranno messi in congedo senza paga, anche se una legge approvata nel 2019, dopo l'ultimo shutdown, assicurerebbe anche a loro di essere pagati una volta finito il blocco.

Tuttavia lo shutdown non è stato scongiurato, ma al momento soltanto rimandato di 45 giorni, entro i quali il bilancio finanziario dovrà essere approvato.

Per quanto riguarda gli effetti sui cittadini, lo shutdown provoca conseguenze su tutti i servizi al pubblico delle agenzie federali, con la chiusura di parchi e giardini che sono gestiti dal National Parks, il blocco degli uffici passaporti, delle assunzioni dei nuovi dipendenti e della ricerca nei laboratori federali. Nessun impatto invece per il servizio postale e i programmi previdenziali, come Sociale Security, le pensioni, e i programmi sanitari Medicare e Medicaid che sono finanziati in modo permanente. Se i pagamenti continueranno, potrà diminuire il numero del personale preposto a gestirli e quindi vi potranno essere disagi. In molti potrebbero non si accorgersi di questo blocco, ma è chiaro che più tempo passerà maggiore sarà il disaggio avvertito dalla popolazione.

Ma perché questa situazione? Questa volta il Congresso (a maggioranza repubblicana) non ha gradito il disegno di legge presentato al Senato riguardante l'invio di altri aiuti finanziari e armi all'Ucraina, nella guerra indiretta che sta combattendo per conto degli USA contro la Russia. Gran parte dei Repubblicani statunitensi infatti, nonostante le notizie di propaganda, ha compreso che l'Ucraina (e quindi gli USA) difficilmente ne usciranno vincitori, a meno che il conflitto salga di livello, cosa che ritengono improbabile stando l'attuale strategia de democratici capitanati dal loro Presidente (rimba)Biden. Da qui la decisione di non approvare il bilancio Statale e andare con un esercizio provvisorio, che non evita ma rimanda soltanto il blocco delle attività Governative USA.

Il partito Repubblicano, da sempre considerato (forse immeritatamente visto ciò che è accaduto durante le presidenze democratiche di Clinton, Obama e ora Biden) il più guerrafondaio, ha la maggioranza al Congresso e al Senato e "tifava" per un'escalation nella guerra in Ucraina. Il diniego all'invio di altri "aiuti" all'Ucraina quindi, non va letto come una notizia positiva verso una risoluzione del conflitto a favore della Russia, tutt'altro. La minaccia dello shutdown serve per "spingere" la Presidenza di (rimba)Biden ha compiere quel salto di qualità per l'allargamento del conflitto che fino ad ora non è riuscito.

Da mesi si parla di come gli Usa (su proposta del Pentagono poi approvata dal Congresso) abbiano pianificato da tempo una serie di attività atte ad arrivare a una guerra tattica nucleare con la Russia entro la fine del 2024. Circostanza che sembra trovare conferma nei recenti documenti pubblicati dalla Nato. Chiaramente si parla di uno scenario possibile e tutt'altro che certo, ma che ogni giorno sembra sempre più reale.

Gli Usa quindi vogliono un'altra guerra in cui partecipare in modo diretto e non nascosto sotto mentite spoglie (Ucraina) come ora. Anche se i dati economici sembrano indicare che l'economia statunitense goda apparentemente di buona salute, molti analisti finanziari continuano a indicare come "imminente" una crisi economica americana, inizialmente prevista per il 2023 e ora procrastinata al 2024. Su cosa confidare per evitarla o rilanciare un'eventuale battuta d'arresto? La risposta è la stessa da decenni e decenni: con una guerra.

Abbiamo visto come l'industria bellica americana costituisca una dei principali fattori del PIL a stelle e strisce. Il mercato della vendita delle armi statunitensi ha superato i cinquecento miliardi di dollari e ciò ci porta ad affermare che gli USA sono Paese fondato sulla guerra!

A questo punto ha trovato risposta anche la domanda iniziale. La "divinità" a cui si affidano è una divinità della guerra, poco importa il nome. Come novelli "figli di Marte" (come si definivano i Romani ai tempi dell'impero, sia per via della loro discendenza in "divina" dal dio della guerra Marte) gli statunitensi non perdono occasione per manifestare la loro fede verso la loro unica divinità. Non saremmo sorpresi se presto il motto del Paese, scritto su monete e banconote, cambi abbandonando qul velo di ipocrisia insito nel falso mito di nazione democratica, e venga cambiato dal mistico ed enigmatico "In God We Trust" nel più corretto ed esplicito "In War We Trust".

Stefano Nasetti

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