Italia "democrazia a tempo"

08.10.2023

Ottobre 2023. In questi giorni, come accade ogni anno, il Governo in carica è alle prese con la legge di bilancio. I problemi sono ormai sempre gli stessi: tagliare le spese per poter provare a realizzare qualche punto del proprio programma elettorale o, più frequentemente, per tamponare qualche urgenza dell'ultimo minuto, ma a che prezzo?

In pochissimi oggi sono consapevoli che dal 2011 l'Italia è una "democrazia a tempo". (Il brano che segue è tratto dal libro "Fact. Cheking – la realtà dei fatti la forza delle idee" – Ed.2021)

"[…] Con l'emanazione dei regolamenti e delle direttive del 2011, il Patto di Stabilità e Crescita (PSC) diventa così completo e operativo per tutte le nazioni europee, che si vedono perciò spogliate della loro indipendenza e sovranità, dovendo sottostare alle richieste della Commissione Europea, a pena di sanzioni e/o forme di commissariamento.
Mentre oggi, nelle pagine politiche e economiche dei media mainstream, si sente ancora dibattere del famoso rapporto deficit/PIL che gli Stati dovrebbero rispettare, in pochi hanno posto l'attenzione su un aspetto molto più importante.
Mi riferisco al fatto che il Patto di Stabilità e Crescita del 2011, esecutivo dal 2016, ha istituito l'obbligo per tutti i Paesi aderenti all'UE, di portare, entro vent'anni, alla misura del 60% il rapporto tra debito complessivo e PIL (in Italia a Novembre 2020 – abbiamo ampiamente superato il 135%).
L'Italia dunque, entro il 2036 per rispettare quanto imposto nel PSC, dovrà ridurre questo rapporto di quasi 75 punti percentuali. Un qualcosa di oggettivamente irrealizzabile.
Per farlo oltretutto, al pari degli altri Paesi europei, potrà soltanto aumentare la pressione fiscale, non avendo più alcuno strumento (la moneta nazionale e il controllo della banca nazionale) o potere (autonomia sulle leggi finanziarie) per controllare e indirizzare la propria economia.
Di fatto, i Paesi sono e saranno costretti ad eseguire gli ordini che giungono e giungeranno alla nazione, addirittura, come accaduto per il nostro Paese nel 2011, sotto forma di missiva della Banca Centrale Europea (quindi non dalla Commissione Europea o dal Parlamento Europeo), come detto ente di proprietà privata.
Alcuni degli effetti e le conseguenze di questo tipo di politiche economiche, orientate esclusivamente al bilancio e non alle esigenze sociali dei cittadini, sono emersi chiari nel 2020, ma anche su questo punto torneremo più avanti.
I regolamenti e le direttive emanate dal Consiglio Europeo nel 2011, hanno avuto i primi riflessi in Italia con il cambio di alcuni articoli della Costituzione con cui altrimenti, sarebbero entrati in contrasto.
Le modifiche sono state attuate dal Governo Monti e, attraverso il voto della maggioranza che ne sosteneva l'esistenza, dal Parlamento.
In particolare con la legge Costituzionale n. 1 del 20 Aprile 2012 sono stati riformati, limitando la sovranità dello Stato Italiano in favore dell'Unione Europea, gli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione.
La riforma dell'art. 81 della Costituzione, che così come è stata realizzata è oltretutto in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione stessa non riformati contestualmente, introduce il concetto di "pareggio di bilancio" con queste parole: "Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.
Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.
Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.
Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale".
La costituzionalizzazione del concetto di "pareggio di bilancio" (compiuto modificando in tal senso anche gli articoli 97, 117 e 119) snatura completamente la Costituzione Repubblicana del 1948, incentrata, per volontà stessa dell'Assemblea Costituente che l'ha redatta, sul riconoscimento, sulla garanzia dei diritti e sull'uguaglianza dei cittadini, e quindi sulla realizzazione di uno Stato democratico.
Il concetto di pareggio di bilancio rimette invece al centro della azione dello Stato, lo Stato stesso, mentre il cittadino finisce per tornare a ricoprire un ruolo subordinato o marginale, così come avveniva nella prima metà del novecento, con i concetti di "Nazione" e ancor prima di "Stato". Una regressione sociale e culturale in piena regola in contrasto, tra l'altro, come avrò cura di illustrare a breve, con diverse pronunce della Corte Costituzionale e che avrà riflessi anche sugli aspetti sociali, come dimostrano i fatti accaduti dal 2020 in poi.
Abbiamo visto infatti, così come avvenuto con la nascita dei moderni Stati democratici, come il cittadino e i suoi inalienabili diritti, siano stati deliberatamente posti al centro del nuovo Stato italiano.
Con la Costituzione del 1948, il cittadino della Repubblica italiana non è più un mezzo attraverso il quale lo Stato può cercare di raggiungere i suoi obiettivi espansionistici e geopolitici ma, al contrario, è lo Stato ad essere al servizio del cittadino. Abbiamo visto come sia proprio il cittadino a potersi servire dello Stato, attraverso i servizi erogati a tutela e garanzia dei diritti individuali, per raggiungere la propria autodeterminazione.
L'assicurare tali diritti però, comporta prima o poi un costo per lo Stato. Si pensi ad esempio ai costi necessari per assicurare il rispetto delle leggi, come quelli delle forze di polizia o della magistratura, o a quelli sostenuti a favore della sanità, delle scuole e delle università per garantire il diritto alla salute e all'istruzione.
Legare questi costi al livello delle entrate, così come disposto dalla riforma dell'art.81, significa di fatto andare a sancire che i diritti democratici saranno riconosciuti e garantiti finché le finanze pubbliche lo permetteranno.
Ciò significa, in linea di principio, che nel migliore dei casi nel Paese vige oggi una "democrazia a tempo", dove per tempo va intesa la quantità di denaro che allo Stato è permesso impiegare, da organismi esterni non democraticamente eletti se non addirittura privati, per garantire i diritti costituzionali. Quando il denaro finisce, il ricorso al finanziamento o al debito gli viene negato o gli viene imposto di impiegarlo in altro modo, i diritti non sono più garantiti e la democrazia finisce.
Sebbene la legge preveda situazioni di flessibilità nell'applicazione del rigido principio di equilibrio di bilancio, la flessibilità è ammessa solo in particolari circostanze e per un periodo di tempo limitato, terminato il quale comunque, si sarà costretti, anche e non solo per tutti gli obblighi imposti allo Stato dagli organismi europei, a rientrare rapidamente nei parametri stabiliti da soggetti esterni. Potenzialmente, anche a discapito dei diritti e delle libertà dei cittadini […]

I politici (voto unanime di Pd, PdL – cioè Forza Italia, Alleanza Nazionale, Nuovo PSI, Democrazia Cristiana per le Autonomie, Riformatori Liberali, Popolari Liberali, Azione Sociale, - e Terzo Polo – cioè UDC, Futuro e Libertà per L'italia, Alleanza per l'italia - ) che hanno consentito (appoggiandolo, votandolo, promulgandolo) il concetto di "pareggio di bilancio" nella Costituzione, con un totale di 214 su 321 sufficienti affinché la variazione costituzionale non fosse sottoposta a referendum popolare confermativo, sono dei sovversivi poiché hanno messo il "timer" alla democrazia, attentando quindi alla natura stessa dello Stato Italiano (quella di repubblica democratica) espresso nella Costituzione del 1948.

Nessuno deve dimenticare che i nemici dell'Italia non sono soltanto all'esterni, ma soprattutto interni al nostro Paese!

Stefano Nasetti

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Attenzione: la lettura di quest'articolo è riservata alle persone senzienti e che non sono sotto "l'influsso" dei media mainstream e dell'ipocrisia globalista/progressista. Se fai parte di quest'ultima categoria, fatti (e fammi) un favore non leggere e prosegui oltre.

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